latte1Cos'hanno in comune uno stagnino e un bottaio, oltre ad essere parte di un mondo che va scomparendo?

 

Innanzitutto sono due professioni artigianali che solo i nonni ricordano, anche se questo non li rende esclusivi ma li accomuna con decine di altri mestieri. C'è però un aspetto, un po' triste se vogliamo, che li rende unici. La loro scomparsa è dovuta all'ampia diffusione della plastica e dell'acciaio. Già perché ciò che prima era di latta, di alluminio o di legno oggi è di plastica, di acciaio o composto da altri materiali. I più cinici plauderanno alla modernità, alla scoperta di nuovi materiali e all'evoluzione della tecnologia. Ma i più nostalgici, quelli che ricordano con piacere il Dopoguerra, restano tutt'ora affascinati dai ricordi che affiorano nella loro mente.

 

Uno di questi è Giorgio Molinari, abbiatense doc, che racconta ciò che abbiamo dimenticato. Ci dice ad esempio che lo stagnino - del bottaio parleremo prossimamente - non solo costruiva recipienti ed altri oggetti di lamiera o alluminio, ma soprattutto li riparava. Il riuso, l'eco-sostenibilità erano insiti nella natura delle persone. Non vi era ideologia ma consapevolezza. C'era la certezza di dover preservare e riparare gli strumenti usurati per poter risparmiare. Le pentole bucate non venivano gettate nell'immondizia ma ritrovavano la loro identità tra le mani dello stagnino che, come un abile chirurgo, ricuciva la ferita. Mastelli, tinozze, pentole, paioli, innaffiatoi, bidoni per il latte erano i suoi pazienti. Lo stagnino, che era un ambulante ma aveva anche la sua bottega, arrivava con il bruciatore (scalom in dialetto abbiatense) a fiamma e fondeva sulla parte rovinata la sua bacchetta di metallo. Stendeva e lisciava il metallo e l'oggetto tornava come nuovo, senza bisogno di acquistarne un altro.

 

Ad  Abbiategrasso - ci dice Giorgio - quando ero un bambino lavoravano due stagnini. Uno era il Sig. Colombo (detto Zin Magnan) e l'altro era Pierino Tulè (tollaio in italiano) il cui il "cognome" ufficioso altro non era che un soprannome affibbiatogli dagli abbiatensi per via della sua professione. Tra le specialità di Pierino c'era la saldatura di pluviali e grondaie che necessitavano di un'attenta manutenzione. Tra i lavori più comuni che affrontava bisogna necessariamente citare la riparazione della calderina, un recipiente per il trasporto del latte (in basso a sinistra nella foto). Già perché mentre oggi sono ancora poche le persone che acquistano il latte dalle cascine o dai distributori riempiendo la propria bottiglia di vetro, solo alcuni decenni fa l'acquisto avveniva in modo davvero sostenibile. Si andava dal lattaio con la calderina e la si riempiva quotidianamente, senza ricorrere al contenitore di tetrapak, che nella migliore delle ipotesi può essere solo riciclato. Uno stile di vita rispettoso per l'ambiente dettato dalla necessità, che oggi è scomparsa, così come lo stagnino.

 

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