Bona di Savoia arrivò a Milano nel 1468 a seguito del matrimonio con Galeazzo Maria Sforza, figlio primogenito del grande condottiero Francesco Sforza. Galeazzo Maria volle per sé la più bella dama di Savoia e, per assicurarsi che Bona lo fosse davvero, non avendola mai vista, inviò preventivamente uno dei suoi pittori a ritrarla, alla corte di Francia.

La scelse. Anche dal vivo, ebbe modo di manifestare il suo apprezzamento. Insomma, un appuntamento al buio del Quattrocento finito bene. A partire dal giorno delle nozze, sfarzose come le migliaia di perle da lei indossate, Bona condusse la sua vita da duchessa circondata da agi e sontuosità. Nel suo castello, ad Abbiategrasso, partorì il primogenito Gian Galeazzo Sforza, il 20/6/1469.

Degli affari di stato non se ne curava affatto, si occupava dei suoi figli e degli svaghi da gran dama, sempre al centro dell’attenzione, incurante di ciò che il destino le avrebbe riservato.

Il gioco della sorte compì la sua prima mossa nel 1476, quando suo marito, Galeazzo Maria, venne assassinato sul sagrato della chiesa milanese di Santo Stefano. Il piccolo Gian Galeazzo, successore naturale del padre, a soli 9 anni, non poteva reggere lo Stato.

Per la prima volta Bona si trovò a dover affrontare una situazione pericolosa per sé e per la sua discendenza in quanto i fratelli di Galeazzo Maria, ed in particolare il giovane Ludovico (Il Moro), non avevano nessuna intenzione di lasciare il ducato nelle sue mani.

Bona, tanto gentile e delicata, di fronte ad una simile situazione, diventò risoluta e forte come una leonessa: a lei spettò il compito di proteggere l'eredità del ducato che apparteneva a suo figlio e a nessun altro. Con l’aiuto del ministro Cicco Simonetta riuscì in un primo momento a proteggersi dai fratelli Sforza e a diventare reggente di Stato.

Ma il destino aveva in serbo altri piani. Ludovico il Moro conosceva Simonetta e Bona, ma soprattutto le arti dell’inganno, della lusinga e delle minacce. Simonetta tentò di istruire Bona, ma invano: “io perderò la testa, ma voi perderete lo stato” disse a Bona. E così fu nel 1480.

Ludovico il Moro e Bona si riconciliarono e le venne assegnata una rendita e una buona sistemazione nel castello di Abbiategrasso, ma con un seguito costituito principalmente da spie del Moro.

Bona di Savoia: cognata del re di Francia Luigi XI, duchessa di Milano, Signora di Abbiategrasso, ma di fatto prigioniera del cognato, Ludovico il Moro. Ogni suo spostamento veniva registrato. Ogni sua conversazione riferita. 

L’astro di Ludovico era ormai sorto, nel bene o nel male, portò a Milano la gloria e la fastosità del Rinascimento. Diede lavoro a Leonardo e Bramante. Trasformò l’intero quartiere del castello, costruendo palazzi rinascimentali per la sua corte, o per le sue amanti.

Negli ultimi venti anni del Quattrocento Milano, che contava il doppio dei cittadini della corte medicea a Firenze, divenne la vera capitale della moda rinascimentale d’Italia. Al centro della vita mondana non più Bona, ma Beatrice, la dama estense, sposa del Moro.

Fu solo agli inizi del Cinquecento, quando la stella di Ludovico cominciò a tramontare che Bona riuscì a scappare dalla sua prigione implorando i parenti francesi di farla tornare nei luoghi delle sue origini, a Fossano, dove morì lontana da tutto e dimenticata da tutti, nel 1503.

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