Beatricedi tendaNel 1402 Gian Galeazzo Visconti, il più grande duca dello stato di Milano, morì di peste lasciando in eredità ai suoi figli minorenni il suo vasto regno. In quegli anni il Ducato occupava la maggior parte del Nord Italia estendendosi fino in Emilia ed in Toscana. Firenze, che era pronta a cedere alle truppe del Visconti, alla notizia della sua morte tirò un sospiro di sollievo. Con Gian Galeazzo tramontava anche il suo sogno di un’Italia unita sotto lo stemma del biscione visconteo.

Il governo dello stato passò quindi nelle mani del primogenito Giovanni Maria che, ben lungi dall’essere altezza del padre, nel giro di qualche anno perse la maggior parte dei possedimenti del Ducato. Tra i suoi più acerrimi nemici c’era il condottiero Facino Cane che diventò il nuovo proprietario del Castello di Abbiategrasso, appartenuto per secoli ai Visconti.

Il 16 maggio del 1412, i due nemici Giovanni Maria e Facino Cane morirono quasi nello stesso istante. L’uno assassinato di fronte alla chiesa di San Gottardo in corte a Milano, l’altro a Pavia. Secondo la linea di successione il nuovo duca sarebbe dovuto essere il fratello di Giovanni, Filippo Maria, che aveva preso accordi con Facino Cane affinché alla sua morte prendesse in moglie la sua vedova, Beatrice di Tenda, in cambio della sua cospicua eredità.

Beatrice all’epoca aveva circa vent’anni in più, rispetto al diciannovenne Filippo. Se non l’amore sperava almeno di ritrovare un po’ di serenità da questo nuovo matrimonio, quantomeno rispetto agli anni trascorsi accanto al primo marito, agguerrito ed avido condottiero. Filippo, almeno inizialmente, si dimostrò un marito generoso regalando alla moglie ciò che lei stessa aveva ereditato dal suo ex marito: Abbiategrasso e il suo castello. La coppia soggiornò regolarmente e a lungo nel borgo e per questa ragione ordinò nuovi lavori di ampliamento, decorazione e ristrutturazione del castello.

Filippo adorava stare qui, amava cacciare nei boschi selvaggi del Ticino, accudire i suoi cani da caccia e i suoi falchi ma soprattutto occuparsi della sua nuova e giovane amante, Agnese del Maino, che fece alloggiare in un nuovo quartiere creato appositamente per lei di fianco al castello: il borghetto.

Del resto con Beatrice non aveva molto da spartire, nemmeno la speranza di un erede data l’età avanzata della donna. La presenza della duchessa cominciò ad essere pericolosamente scomoda. Casualmente Beatrice venne scoperta in atteggiamenti equivoci con tale Michele Orombello e due dame. In un lampo Filippo la accusò di tradimento e la condannò a morte. La donna, torturata, urlò la sua innocenza ma il Duca firmò ugualmente la sentenza fatale.

Nella notte del 13 settembre 1418 Beatrice si avviò verso l’ingiusto patibolo, accettando il suo destino. Venne decapitata insieme a Orombello e alle due ancelle nel castello visconteo di Binasco anche se lo storico Palestra sostiene che la sentenza capitale venne eseguita ad Abbiategrasso perché era la castellana. La sua salma potrebbe trovarsi in qualche ex chiostro femminile o nel sottosuolo di qualche chiesa distrutta ma nessuno lo sa e nessuno potrà mai esaudire la sua ultima richiesta:

 




Se un'urna è a me concessa, Senza un fior non la lasciate, E sovr'essa il ciel pregate.
Per Filippo, e non per me.”


- citazione dall’opera di Vincenzo Bellini "Beatrice di Tenda" del 1833

 


 

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